IL MASSACRO DELLE PECORE ( sopravvivenze e barbarie )
Come ogni anno nelle isole Far Oer ( Danimarca) assistiamo al massacro dei delfini. L' anno scorso ne lessi sul blog di Grillo. Adesso mi è arrivata una mail amica su msn. Ora se questo rito sanguinario servisse ad assicurare il sostentamento di un' intera popolazione, che aspetta di anno in anno i flussi migratori di questi mammiferi, anche trovando da ridire sul modo truculento in cui si procacciano il pasto, mi farebbe meno schifo e anzi penserei che siamo tutti pescatori e in fondo anche in altri posti in Italia avvengono mattanze simili con i tonni.
Il guaio è che tutto ciò viene fatto su animali curiosi e giocosi, che vengono attirati e trucidati, col solo scopo di dimostrare che chi li sevizia e li tortura e li uccide è un vero uomo.
Da studente di antropologia non riesco ad astrarmi come dovrei dai miei giudizi morali ed esaminare la pratica culturale in se, cercando di intuire come possa dopo il duemila continuare ad esistere e resistere una tale macabra ricorrenza, quale spirito e sentimento identitario anima gli abitanti delle isole delle pecore e come facciano ad esserne orgogliosi; come se gli non arrivasse internet o la televisione. Trovo difficoltà a nettarmi dai giudizii perchè lo schifo e l' indignazione superano il modus operandi ( i più acuti tra voi avranno notato il pregiudizio del "macabro" accanto a "ricorrenza" che in uno studioso di antropologia equivale a suonare la cassa e il rullante nella stessa battuta). Forse quello che mi colpisce maggiormente è che tutto ciò avviene nella civilissima Europa. Anche se ai margini estremi sempre dell' Europa "culla di civiltà si tratta".
"E non si riesce più a capir chi è l' uomo e chi l' animale"
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Etichette: Antropologia, Eti(li)ca, Neoevo
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