domenica 4 gennaio 2009

La stagione dell' amore.


Avevo detto che stavo preparando un discorso sulla protesta universitaria articolato su due fronti: prosa e ( pseudo) "saggistica". Ma sono andato troppo in la come ben sapevo.
Mi auguro di sbagliare.
Devo essere onesto. Sono pieno di pregiudizii. Detesto il modo di porsi dei ragazzi che protestano. La stessa parola protesta mi da un prurito che non riesco a sopportare. La mia malafede, comunque, non è del tutto immotivata. Prima però devo illustrarvi la mia condizione di studente di Antropologia, quindi frequentante la facoltà di Lettere e Filosofia dell' università la Sapienza. In questo contesto avere a che fare con il collettivo di Lettere alimenta nel modo più semplice il pregiudizio. Purtroppo l' imperativo morale di un' aspirante antropologo è abbattere i pregiudizii. Non sempre ci si riesce. Devo dire, anzi, che i ragazzi del collettivo me li hanno allattati, custoditi, cresciuti e pasciuti.
La loro mancanza di comprensione verso chi non partecipa alla loro forme di protesta è un indice di scarsa disposizione e comprensione dialogica. Ho assistito una volta solamente ( in virtù d' un ennesimo tentativo di abbatterei miei pregiudizii) ad un' assemblea ed ho potuto notare il linciaggio verbale ed ideologico verso coloro che esprimevano perplessità verso le iniziative. Siamo tutti buoni a strillare dentro un megafo, ma ad ascoltare che ci parla, senza sommergerlo di vaffanculo se non ci piace quello che dice, un pò meno...Ciò si traduce con una scarsissima partecipazione alla vita politica universitarià della stragrande maggioranza dei ragazzi, che non vedendola come loro neanche vedono possibilità di dialogo o interazione.
Ora devo spiegarvi perchè sono così pessimista. Il tutto è fortemente condizionato dalla loro capacità di produzione mitologica. Se penso che Marcuse individuava negli studenti la speranza di liberazione dell' individuo dall' oppressione della società sono contento che sia morto. Forse da altre parti c'è un' organizzazione e un modo di vedere le cose migliore, ma io non posso fare a meno di pensare in relazione a ciò che vedo, e a ciò che ho provato.
Quando avevo diciotto anni ero un bell' esemplare di studente frickomunista ( occhei anarchista se andiamo a vedere il pelo ma mi piacciono le drammatizzazioni) e mi lasciavo coinvolgere in quello che allora risultava essere l' annuale corrente di protesta; allora contro la Moratti. Era tutto intriso di un atmosfera molto romantica: i cori contro le guardie, il furgoncino cò la musica da fricchettoni puzzolosi, gli striscioni assai deludenti ( devo dare atto che quello che ideai colla mia ragazza di allora era abbastanza potente, raffigurava un pugno chiuso col medio alzato con sotto la scritta:" Letizia questo è il nostro dito opponibile", con evidente ripresa della gag di Titti e Maiuscolo di Mai Dire Domenica), i discorsi fomentati dentro un megafono, l' idea di appartenere ad una battaglia giusta e la convinzione legittima e sacrosanta di aver perso una giornata di scuola per una ragione più alta di una partita a biliardo con colazione premio al vincitore. Quando finiva il corteo, c'era una mezza conferenza e tutto defluiva. Avevo fatto il mio dovere. Adesso la scuola era salva. Grazie al mio striscione il governo si sarebbe avveduto.
Ovviamente le cose non funzionavano così. Ma quella sensazione da post confessionale. Una certa leggerezza dello spirito che ti fa pensare che per risolvere i compositi problemi della scuola Italiana basti fischiare un pò sotto la sede di F I o sostare con disprezzo davanti al Blockbuster me la sono portata dietro per un pò. Successivamente mi sono ripreso. Ho pensato che bisogna fare un salto di qualità.

Così ero pieno di aspettative nei confronti del più sofisticato mondo universitario.
Voglio sottolineare ancora una volta che non sono in grado di parlare per le altre facoltà magari questo discorso è valido solo per Lettere alla Sapienza. Quindi sono più che mai gradite le vostre puntualizzazioni.
Continuo.
Fui molto presto deluso dall' accorgermi che la protesta diventava ciclica. Iniziava coi primi di ottobre, raggiungeva il suo apice a novembre e verso dicembre iniziava scemando. Io spero di sbagliarmi. Ma sono pronto a scommettere contro chiuque sosenga il contrario che a gennaio non rivedremo la protesta riprendere collo stesso impeto di novembre. Ammesso e non concesso che la protesta riprenda...
Ma all' università c'è una cosa che detesto ancora di più.
La pochezza intellettuale dei ragazzi. Non riesco a credere che sono l' unico che si pone il problema. Non so se è per via del mio interesse per la semiotica o il mio tentativo di interesse per essa, ma fateci caso... Gli studenti che protestano hanno nel loro bagaglio un vocabolario limitato, una capacita di produzione mitologica assai circoscritta. Sono forse schizzinoso ma mi annoio tantissimo quando sento parlare di: antagonismo, dissenso, protesta, mobilitazione, manifestazione, okkupazione!, contestazione, conflitto, contro, opposizione, ...
Non mi viene in mente altro perchè questo elenco mi toglie la fantasia. Tuttavia se guardate il modo di porsi, la voglia di creare un legame familiare col '68, l' idea insomma di raccogliere l' eredita dei nostri padri ( anche qui malignamente mi viene da pensare: non è perchè ancora non si riesce ad uscire dall' idea di essere dei figli, dei ragazzi insomma, non delle persone formate), l' idea pertanto di pensare ad una battaglia di blocchi contrapposti, di Davidi col megafono la kefia i dread e gli striscioni contro Governo e le Istituzioni che sono sempre più il bersaglio da abbattere; tutto questo racchiude un illusione romantica e una ristrettezza di vedute un pò puerile.
Voglio essere Franco.
Ma come si fa a pensare ancora ad uno schema di blocchi contrapposti? Devo per forza di cose creare un saggio sull' argomento ma sono convinto che la logica duale del bianco e del nero, il noi ed il loro, sia il pane della demagogia. Quando io studente universitario vedo studenti parlare agli studenti per mezzo di slogan e demagogia m' incazzo. "L' Onda non si arresta!" No, si frange sugli scogli e la risacca la butta a mare- Anche qui ci sarebbe da parlare sul definirsi "onda anomala" e sulla ripresa mediatica del termine da parte dei giornalisti col loro bisogno intestinale di dare un nome alle cose...- Mi chiedo: non è possibile che sono l' unico che capisce che è un 'evidente presa per il culo? Il pensare la realtà come dicotomicamente prestabilita limita la visuale, la capacità di riconoscere le sfumature. Perchè noi che "siamo la parte attiva e migliore" ( ma io in questo almeno sono d' accordo) dobbiamo porci come antagonisti. Perchè, poi, il perdurare del pensare ad un noi?
Ovvio che ci sono altri interessi. Di associazionismo collettivo politicizzante e politicizzato, che non si propone il superamento delle barriere ma la semplice adesione alle forme di protesta. Qualcuno si è mai chiesto se abbia ancora un senso occupare gli edifici pubblici? Perchè non ridiscutere la validità semiotica della parola piazza?( non siamo più a 40 anni fa, adesso ci sono nuove forme di aggregazione, perchè non spostare il campo su un territori che non conoscono?) Che ruolo hanno le nuove tecnologie? Perchè a parte il sito Uniriot, - notare la parola, è uno slogan di per se!- a parer mio comunque unsufficente, non c' è un vero coordinamento tra tutte le facoltà capillarmente organizzate contro il male comune? Perchè, dico io, l' unico modo di combattere i soprusi che i politici stanno facendo al sistema scolastico consiste nel dormire in una facoltà quando i tuoi genitori si rompono il culo per trovarti un letto a duecentocinquanta euri al mese, quando ti va bene? E' evidente che l' interesse non consiste nel ottenere una vittoria ma nel perpetuare l' attuale stato, di contrapposizione. Non credo che chi ha il controllo delle piattaforme politiche all' interno dei collettivi studenteschi abbia sancito un accordo vero e propio ma sembra assodata l' intesa tacita col governo che sornione borbotta: sì lasciamo che si sfoghino, a voi quei quattro baracconi zozzi per orgnaizzarvi le vostre seratucole artistiche alternative da comunisti drogati, a noi la certezza che non ci darete mai veramente fastidio, anzi semmai ci porterete solo approvazione.

Perchè c' è anche un altro aspetto, da cogliere, che ben si sposa coll' anomalia italiana. In questo regime mediatico, dove le televisoni sono la pappatoia cerebrale dello sheple, qual' è il messaggio? L' interpretazione che se ne deduce? Si sono mai fermati gli "studenti" a domandarsi l' utilità di bloccare il traffico, stradale o ferroviario, invadere edifici pubblici, dare dei messaggi equivoci e mediati su piattaforme non loro? Voglio dire: basta una ragazza coi dread e il piercing che risponde in modo qualunquista ad una domanda di un giornalista del tg di Fede per rovinare il lavoro di propaganda di cinquecento ragazzi ben informati. In questo sistema mediatico far vedere il marmo della sapienza graffittato, spesso con scritte fuoriluogo o artisticamente povere, porterà nella testa di molte persone l' idea evergreen che farebbero meglio ad andare a lavorare! Ora magari sembrerò un pò eccessivo ma l' idea di protesta anche come produzione di disagio deve prendere partenza da una condizione comune. Se così non è succederà che chi ha da badare ai fatti suoi detesterà il corteo studentesco che gli impedisce di recarsi sul luogo di lavoro. Alimenterà così una divisione coatta non riconoscendo in quei ragazzi dei potenziali simili e applaudirà, forse, allo strumento repressivo esercitato per mezzo delle forze dell' ordine.

Intrappolati come sono i vari movimenti e movimentini in questo gioco a guardia e ladri ecco che non assisteremo mai ad una vittoria ma semplicemente al ciclico riproporsi, per usare un espressione che potete trovare sui muri d' una qualsiasi facoltà, "di un' altra stagione di conflitto!" Yuppie!!

sabato 3 gennaio 2009

Guerra o democratia? ( Sun Tzu e la termodinamica)


Siamo solo uomini.

Come si prepara un' attacco?

Con la certezza di una vittoria.

Solo attraverso il perfetto coordinamento delle unità schierate sul campo si può ottenere un esito favorevole.

Il vincitore supremo sarà colui che riesce a conseguire il successo senza neanche combattere. Pertanto occorre separare lo sforzo congiunto del nemico, isolandone i suoi reparti.

Diretta conseguenza è l' agire su più fronti.

Ora sul campo di battaglia bisogna esser certi di diversi fattori; il territorio, il propio esercito, la strategia, la perfetta conoscenza del nemico.

Adesso immaginiamo.

Poniamo il caso che il dato schema si possa, così per fantasia, applicare all' attuale scenario italiano. Si denota chiaramente nella scelta del modello la mia scarsa immaginazione e il mio pessimo gusto.

Ciononostante non riesco a pensare agli Inuit con quello che succede in casa mia. Iniziamo con lo spiegare come intendo io il conflitto.

Per conflitto intendo la convergenza di persone o gruppi per un interesse comune ad entrambi il cui accesso esclude automaticamente uno o più gruppi in competizione.

La creazione di un nuovo equilibrio o anche il ripristino del vecchio tenderanno automaticamente alla conservazione dell' entropia. La deriva epistemologica nell' uso di una legge imprestata dalla termodinamica per leggittimare quest' osservazione è di per se evidente; tuttavia mi pare calzi propio a pennello anche per dare l' idea di alcuni sistemi sociali. Mea culpa, ma ancora non ho trovato di meglio.

Quindi tutto si riduce allo scontro tra tendenze centrifughe e tra tendenze centripete in lizza per il dominio. Quando l' una prevale sull' altra il suo effetto sarà comunque teso al mantenimento degli assetti che si sono determinati. Mediante l' irrigidimento e l' eliminazione delle tendenze opposte. ( conservazione dell' entropia non so perchè ma non mi dispiace ).*

Ora ponendo il territorio dello scontro sulla superficie italiana, ci troviamo di fronte all' analisi di un ' entità nazionale. Una nazione non è una mera entità geografica, è soprattutto il risultato di un contratto stabilito dall' associarsi ( più o meno volontario) d' individui per un' identità comune. Un regolamento non scritto che ci dice che siamo le stesse persone qui e altrove grazie ad un complicato allacciarsi di meccanismi di identità\differenze che ci vede uniti nell'e specifiche alterità di cui è composto il variegato panorama nazionale. Insieme contribuiamo al mantenimento delle idee E' giocoforza che per ottenere la vittoria bisogna assoggetarne il suo popolo. Controllare le sue reazioni. Ottenere il controllo su ciò che rende uno stato tale.

La nostra nazione ha l' abitudine di definirsi una democrazia

Fin dai tempi di Montesquieu ciò che impediva allo stato di sfociare nella tirannide, lo status quo che salvava i cittadini dall' oppressione dei potenti, è sempre stata la separazione dei tre poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario. La mancanza di ingerenze dell' uno negli altri sarà ipso facto garanzia di equità sociale.

Nelle società da lì in poi storicamente sviluppatesi in “società di massa” ecco l' avvento di un quarto potere , che M. non aveva previsto o che allora non si poteva comunque elencare come potere decisivo: la stampa ( oggi sarebbe coretto dire i media ) che è insieme virus e termometro dell' opinione pubblica.

Ora nel delineare le parti in gioco commetterei un errore madornale, empiricamente imperdonabile, se accettassi i ruoli come rigidamente prestabiliti entro una drammaturgia da teatro greco. Dobbiamo immaginare la vita delle persone non come espressione d' un colore o una mera sentenza, ma anche altro da se, ciò che non possiamo prevedere o che non avremmo voluto accadesse. Quindi ricordare che ogni individuo è in società un entità fluida e contestuale che esprime le sue preferenze ma che non si esaurisce all' interno delle sue scelte.**

L' aver illustrato questo passaggio spiega come abbiamo potuto lasciar correre gli eventi fino a questo punto: un momento storico in cui la nazione è sull' orlo del collasso sociale.

Un approccio storico prevederebbe che io mi metta a fare un elenco di nomi e di fatti ma questo mi porterebbe giocoforza a legittimare l' idea che se l' Italia è arrivata a questo punto è per colpa di un omino basso basso che fa -e dice- cose matte matte! D' altra parte un approccio sociologico potrebbe spiegare le cause economiche e sociali che hanno portato il progressivo logoramento del popolo a favore di un' oligarchia dominante, senza però darmi quella sensazione di umanità che sto cercando, quella voglia di pensare alla gente e non di porla attraverso la matematica. Per quanto riguarda l' approccio antropologico, beh quando vedrò un antropologo gli chiederò un parere...

Allora come la posso spiegare? Con una dotta citazione. La prendo dal mio film preferito. Avete presente “Nell' anno del signore”? Quando Alberto Sordi vestito da prete sale sul suo pulpito improvvisato per fare la predica al popolo in rivolta? Cosa gli dice.

“ Popolo sei 'na mondezza!”

Vorrei tanto levarmi quest' immagine sugli Italiani (intesi come massa e non singolarmente) ma nel corso di tutti questi anni non ho potuto fare a meno di rafforzare quest' idea, divenuta oramai una convinzione. E mi dispiace perchè è una mia convinzione il non avere convinzioni.

Ma come è diventato monnezza questo popolo? Chi può avere interesse a renderlo in tale stato? Chi lo vuole dominare. E chi può volere il dominio? Coloro che vogliono il potere. Già lo hanno, ma le istituzioni democratiche fanno di tutto per far si che tale stato non si perpetui a livello privato. Come già ripetuto attaccando da più fronti si può ottenere la metà fissata. Per privare una popolazione della sua linfa la devi indebolire. Per indebolirla devi separarla, renderla frammentata, devi togliere le energie fisiche e mentali. Per fare ciò bisogna abbassare il suo tenore di vita a vantaggio di classi più abbienti. Bisogna fare in modo che si accapigli sempre di più per mettere il pranzo colla cena. Farlo lottare furiosamente per vantaggi che prima davamo per scontati e come indice del progresso sociale. Creare nuove aspettative, nuovi bisogni, più distrazioni e nuove paure. Bisogna condannare il suo tempo libero individuale all' oppressione della società utilizzando tali bisogni nuovi e fasulli che non portano altro che un estraneazione da se, dalla propia umanità a vantaggio di un tempo semrpe più materiale. Successivamente quando non avrà neanche il riflesso d' un minuto da dedicare a se (alla sua umanità), strangolato nella morsa oppressiva d' un mondo che non lo lascia libero di respirare, di pensare di desiderare altro al di fuori della sterile materialità che lo status quo propone, sarà facile impedirgli di pensare atrofizzando progressivamente la sua capcità di elaborare pensieri e trasformandolo, automaticamente in quello che Sordi apostrofava come“monnezza”. Per fare ciò ci deve essere una convergenza di interessi da parte delle classi dominanti ( espressione di chi ha accesso al potere econominco e sociale) nel progressivo indebolimento del popolo, e l' inadeguatezza delle istituzioni predisposte alla tutela delle persone nel salvaguardare le conquiste che molte lotte sociali e culturali hanno portato. In questo si esplica l' intreccio dei quattro poteri con gli interessi di coloro che hanno in mano le redini dell' economia.
Non vi fate ingannare. Lungi da me l' idea di suffragare un occulto disegno storico prestabilito, questo è successo. L' attuale sistema va ben oltre le più resee previsioni d' un Gelli, tuttavia ognuno ha contribuito, chi più chi meno; di questo bisogna renderne atto.

A questo punto enuncio la mia tesi.

In Italia le tendenze oligarchiche, elitarie ( descritte dalla danza di una classe economica servita e riverita dalla elitè politica), hanno vinto. Gli ineressi privati hanno prevaricato il bene comune. E' stato il frutto di uno sforzo continuativo nel tempo, disgregato ma costante.Una casualtà storica che ha estromesso il popolo da qualsiasi decisione. Unico potere rimasto è di subire o tutt' al più di scegliere come subire. Ha ceduto la sua sovranità senza nemmeno rendersene conto, forse nemmeno si è mai reso conto di averla avuta davvero. Tutto questo senza golpi di stato, generali in Borghese o invasioni padaniche. Soltanto con un lento progressivo e martellante rincoglionimento culturale, sociale collettivo. Non si possono delineare nell' attuale panorama forme diverse di progresso sociale perchè l' attuale modo di rappresentare la società non ha alcun' interesse a porre la lbertà collettiva, di pensiero e di azione al di sopra della propia sfera di controllo. Il controllo pertanto viene esercitato sulle masse attraverso il perfetto coordinamento dei quattro poteri. La pressione che una sempre crescente insicurezza economica esercita sugli individui restringe il limitato campo d' azione lasciando il riflesso sbiadito d' un pensare collettivo in crsi d' identità. Pertanto la nazione vede privata la sua popolazione del potere fondamentale, la capacità critica di poter pensare liberamente una forma associativa nuova e valida per il tempo attuale: in parole povere la possibilità di scegliere e di pensare prima di farlo. Ogni singolo riflesso vede il consolidamento di una critica duale che si esaurisce all' interno degli assetti prestabiliti, una dicotomia sterile, la cui sintesi altro non è che il pepetrarsi di tale contrapposizione.

Il corollario assai prevedibile è che senza possibilità di sviluppo, con un economia sempre più fallimentare, prospettive di lavoro e di futuro ridotte a barzellette o vignette satiriche, una coscienza civica ed istituzionale sempre più logora, con una subcultura della furberia e della prevaricazione, insieme ad razzismo che assolve la funzione di collante sociale, una demagogica ed erronea interpretazione dell' ultima globalizzazione con la consequenziale nascita di un sempre più esasperato bisogno di sicurezza, abbiamo questa Italia postmoderna impantanata nel fango in cui si trova. Senza prospettive di uscita, nè margini di miglioramento.

In tutto questo penso a mio padre che quarant' anni fa comprò l' "Uomo a una dimensione" e adesso appoggia Berlusconi e il suo operato. Mi chiedo cosa gli sia passato nel cervello in tutti questi anni. D' intelligenza ne ha da dare una pista a parecchi, ma la lucidità per afferrrare il senso delle trasformazioni in corso? Penso a quello che mi ha sempre insegnato: se l' ortolano sotto casa tua vende i pomodori a un prezzo inaccettabile per il tuo gusto, non prendertela con lui, perchè se non li cambia vuol dire che trova chi gle li compra, piuttosto se tu non sei d' accordo vattene da un' altra parte ad acquistare la verdura. Il fatto è che sono convinto che chi va dall' ortolano sotto casa non abbia scelta, e in buona parte dei casi decide di farsi prendere in giro. E' mia ferma intenzione dimostrare nelle prossime riflessioni che l' unica scelta è tra diventare imbecilli o dar retta alle bugie tappandosi il naso e le orecchie. Prima di andare a comprare la verdura in Spagna sono deciso a descrivere al meglio delle mie possibilità quanto faccia schifo quella di casa nostra.

In tutto questo c'è ancora qualcuno convinto di vivere in una democrazia solo perchè può esprimere dissenso (purchè sia composto, pacato , civile e magari senza neanche farsi notare).

Mi chiedo io: sarebbe questo il potere del popolo sovrano?***


*Questo ad esempio spiega perchè tra coloro che introdussero la spinta innovativa delle rivoluzioni culturali e sociali durante il tanto decantato sessantotto ( sulla cui mitologia ai giorni nostri vorrei tanto avere le competenze analitiche di un Barthes!) attualmente parecchi sono i promotori dell' ortodossia. C'è un immgine che non riesco a togliermi dalla mente. Al funerale della povera Giorgiana Masi sapete chi era dietro la bara col pugno chiuso e una corona di fiori nell' altra mano? Rutelli!

** Avete mai pensato perchè molto spesso quando vediamo una persona operare dei cambiamenti questi vengono spesse volte accolti con insoddisfazione. Al di la di scelte positive e radicali siamo portati a condannare le persone all' essere sempre uguali all' idea che ci siamo fatti di loro nel tempo. Questo è il motivo per cui i mutamenti nelle persone, e forse in generale, non piacciono, perchè costringono a rimettere in discussione la visione di una determinata persona( o cosa) e con essa a rimettere in discussione noi e, implicitamente il nostro modo di pensare.

*** Nelle prossime uscite cercherò di prendere in analisi singoli sfere che compongono l' eterogeneo panorama della nostra nazione. Attraverso la loro descrizione cercherò di suffragare la tesi elencata secondo la quale si può vincere un popolo senza nemmeno combattere una guerra, anzì la vittoria più prestigiosa è propio quella ottenuta senza spargimenti di sangue.

Per una bibliografia essenziale ( ma molto essenziale):

-Piero Vereni "Vite di confine" Melthemi

- Herbert Marcuse " L' uomo a una dimensione"





Etichette: ,