La stagione dell' amore.

Avevo detto che stavo preparando un discorso sulla protesta universitaria articolato su due fronti: prosa e ( pseudo) "saggistica". Ma sono andato troppo in la come ben sapevo.
Mi auguro di sbagliare.
Devo essere onesto. Sono pieno di pregiudizii. Detesto il modo di porsi dei ragazzi che protestano. La stessa parola protesta mi da un prurito che non riesco a sopportare. La mia malafede, comunque, non è del tutto immotivata. Prima però devo illustrarvi la mia condizione di studente di Antropologia, quindi frequentante la facoltà di Lettere e Filosofia dell' università la Sapienza. In questo contesto avere a che fare con il collettivo di Lettere alimenta nel modo più semplice il pregiudizio. Purtroppo l' imperativo morale di un' aspirante antropologo è abbattere i pregiudizii. Non sempre ci si riesce. Devo dire, anzi, che i ragazzi del collettivo me li hanno allattati, custoditi, cresciuti e pasciuti.
La loro mancanza di comprensione verso chi non partecipa alla loro forme di protesta è un indice di scarsa disposizione e comprensione dialogica. Ho assistito una volta solamente ( in virtù d' un ennesimo tentativo di abbatterei miei pregiudizii) ad un' assemblea ed ho potuto notare il linciaggio verbale ed ideologico verso coloro che esprimevano perplessità verso le iniziative. Siamo tutti buoni a strillare dentro un megafo, ma ad ascoltare che ci parla, senza sommergerlo di vaffanculo se non ci piace quello che dice, un pò meno...Ciò si traduce con una scarsissima partecipazione alla vita politica universitarià della stragrande maggioranza dei ragazzi, che non vedendola come loro neanche vedono possibilità di dialogo o interazione.
Ora devo spiegarvi perchè sono così pessimista. Il tutto è fortemente condizionato dalla loro capacità di produzione mitologica. Se penso che Marcuse individuava negli studenti la speranza di liberazione dell' individuo dall' oppressione della società sono contento che sia morto. Forse da altre parti c'è un' organizzazione e un modo di vedere le cose migliore, ma io non posso fare a meno di pensare in relazione a ciò che vedo, e a ciò che ho provato.
Quando avevo diciotto anni ero un bell' esemplare di studente frickomunista ( occhei anarchista se andiamo a vedere il pelo ma mi piacciono le drammatizzazioni) e mi lasciavo coinvolgere in quello che allora risultava essere l' annuale corrente di protesta; allora contro la Moratti. Era tutto intriso di un atmosfera molto romantica: i cori contro le guardie, il furgoncino cò la musica da fricchettoni puzzolosi, gli striscioni assai deludenti ( devo dare atto che quello che ideai colla mia ragazza di allora era abbastanza potente, raffigurava un pugno chiuso col medio alzato con sotto la scritta:" Letizia questo è il nostro dito opponibile", con evidente ripresa della gag di Titti e Maiuscolo di Mai Dire Domenica), i discorsi fomentati dentro un megafono, l' idea di appartenere ad una battaglia giusta e la convinzione legittima e sacrosanta di aver perso una giornata di scuola per una ragione più alta di una partita a biliardo con colazione premio al vincitore. Quando finiva il corteo, c'era una mezza conferenza e tutto defluiva. Avevo fatto il mio dovere. Adesso la scuola era salva. Grazie al mio striscione il governo si sarebbe avveduto.
Ovviamente le cose non funzionavano così. Ma quella sensazione da post confessionale. Una certa leggerezza dello spirito che ti fa pensare che per risolvere i compositi problemi della scuola Italiana basti fischiare un pò sotto la sede di F I o sostare con disprezzo davanti al Blockbuster me la sono portata dietro per un pò. Successivamente mi sono ripreso. Ho pensato che bisogna fare un salto di qualità.
Così ero pieno di aspettative nei confronti del più sofisticato mondo universitario.
Voglio sottolineare ancora una volta che non sono in grado di parlare per le altre facoltà magari questo discorso è valido solo per Lettere alla Sapienza. Quindi sono più che mai gradite le vostre puntualizzazioni.
Continuo.
Fui molto presto deluso dall' accorgermi che la protesta diventava ciclica. Iniziava coi primi di ottobre, raggiungeva il suo apice a novembre e verso dicembre iniziava scemando. Io spero di sbagliarmi. Ma sono pronto a scommettere contro chiuque sosenga il contrario che a gennaio non rivedremo la protesta riprendere collo stesso impeto di novembre. Ammesso e non concesso che la protesta riprenda...
Ma all' università c'è una cosa che detesto ancora di più.
La pochezza intellettuale dei ragazzi. Non riesco a credere che sono l' unico che si pone il problema. Non so se è per via del mio interesse per la semiotica o il mio tentativo di interesse per essa, ma fateci caso... Gli studenti che protestano hanno nel loro bagaglio un vocabolario limitato, una capacita di produzione mitologica assai circoscritta. Sono forse schizzinoso ma mi annoio tantissimo quando sento parlare di: antagonismo, dissenso, protesta, mobilitazione, manifestazione, okkupazione!, contestazione, conflitto, contro, opposizione, ...
Non mi viene in mente altro perchè questo elenco mi toglie la fantasia. Tuttavia se guardate il modo di porsi, la voglia di creare un legame familiare col '68, l' idea insomma di raccogliere l' eredita dei nostri padri ( anche qui malignamente mi viene da pensare: non è perchè ancora non si riesce ad uscire dall' idea di essere dei figli, dei ragazzi insomma, non delle persone formate), l' idea pertanto di pensare ad una battaglia di blocchi contrapposti, di Davidi col megafono la kefia i dread e gli striscioni contro Governo e le Istituzioni che sono sempre più il bersaglio da abbattere; tutto questo racchiude un illusione romantica e una ristrettezza di vedute un pò puerile.
Voglio essere Franco.
Ma come si fa a pensare ancora ad uno schema di blocchi contrapposti? Devo per forza di cose creare un saggio sull' argomento ma sono convinto che la logica duale del bianco e del nero, il noi ed il loro, sia il pane della demagogia. Quando io studente universitario vedo studenti parlare agli studenti per mezzo di slogan e demagogia m' incazzo. "L' Onda non si arresta!" No, si frange sugli scogli e la risacca la butta a mare- Anche qui ci sarebbe da parlare sul definirsi "onda anomala" e sulla ripresa mediatica del termine da parte dei giornalisti col loro bisogno intestinale di dare un nome alle cose...- Mi chiedo: non è possibile che sono l' unico che capisce che è un 'evidente presa per il culo? Il pensare la realtà come dicotomicamente prestabilita limita la visuale, la capacità di riconoscere le sfumature. Perchè noi che "siamo la parte attiva e migliore" ( ma io in questo almeno sono d' accordo) dobbiamo porci come antagonisti. Perchè, poi, il perdurare del pensare ad un noi?
Ovvio che ci sono altri interessi. Di associazionismo collettivo politicizzante e politicizzato, che non si propone il superamento delle barriere ma la semplice adesione alle forme di protesta. Qualcuno si è mai chiesto se abbia ancora un senso occupare gli edifici pubblici? Perchè non ridiscutere la validità semiotica della parola piazza?( non siamo più a 40 anni fa, adesso ci sono nuove forme di aggregazione, perchè non spostare il campo su un territori che non conoscono?) Che ruolo hanno le nuove tecnologie? Perchè a parte il sito Uniriot, - notare la parola, è uno slogan di per se!- a parer mio comunque unsufficente, non c' è un vero coordinamento tra tutte le facoltà capillarmente organizzate contro il male comune? Perchè, dico io, l' unico modo di combattere i soprusi che i politici stanno facendo al sistema scolastico consiste nel dormire in una facoltà quando i tuoi genitori si rompono il culo per trovarti un letto a duecentocinquanta euri al mese, quando ti va bene? E' evidente che l' interesse non consiste nel ottenere una vittoria ma nel perpetuare l' attuale stato, di contrapposizione. Non credo che chi ha il controllo delle piattaforme politiche all' interno dei collettivi studenteschi abbia sancito un accordo vero e propio ma sembra assodata l' intesa tacita col governo che sornione borbotta: sì lasciamo che si sfoghino, a voi quei quattro baracconi zozzi per orgnaizzarvi le vostre seratucole artistiche alternative da comunisti drogati, a noi la certezza che non ci darete mai veramente fastidio, anzi semmai ci porterete solo approvazione.
Perchè c' è anche un altro aspetto, da cogliere, che ben si sposa coll' anomalia italiana. In questo regime mediatico, dove le televisoni sono la pappatoia cerebrale dello sheple, qual' è il messaggio? L' interpretazione che se ne deduce? Si sono mai fermati gli "studenti" a domandarsi l' utilità di bloccare il traffico, stradale o ferroviario, invadere edifici pubblici, dare dei messaggi equivoci e mediati su piattaforme non loro? Voglio dire: basta una ragazza coi dread e il piercing che risponde in modo qualunquista ad una domanda di un giornalista del tg di Fede per rovinare il lavoro di propaganda di cinquecento ragazzi ben informati. In questo sistema mediatico far vedere il marmo della sapienza graffittato, spesso con scritte fuoriluogo o artisticamente povere, porterà nella testa di molte persone l' idea evergreen che farebbero meglio ad andare a lavorare! Ora magari sembrerò un pò eccessivo ma l' idea di protesta anche come produzione di disagio deve prendere partenza da una condizione comune. Se così non è succederà che chi ha da badare ai fatti suoi detesterà il corteo studentesco che gli impedisce di recarsi sul luogo di lavoro. Alimenterà così una divisione coatta non riconoscendo in quei ragazzi dei potenziali simili e applaudirà, forse, allo strumento repressivo esercitato per mezzo delle forze dell' ordine.
Intrappolati come sono i vari movimenti e movimentini in questo gioco a guardia e ladri ecco che non assisteremo mai ad una vittoria ma semplicemente al ciclico riproporsi, per usare un espressione che potete trovare sui muri d' una qualsiasi facoltà, "di un' altra stagione di conflitto!" Yuppie!!