domenica 26 aprile 2009

Il partigiano Giovanna

* Ancora non sono in grado di collegare i filmati di you tube. Ci provo da tutto il dì ma mi arrendo.
Perciò
http://www.youtube.com/watch?v=XLNvc5Rrxco






Giovanna Marturano ha 97 anni e resiste. Ancora non ha rinunciato alla lotta. Per lei sarebbe come rinunciare alla vita. Medaglia di bronzo al valore militare per il suo impegno nella resistenza al fascismo, continua tutt' oggi a testimoniare la sua esperienza di vita per ricordare a noi ragazzi, soprattutto, quanto sia stata dura per lei come donna e come vittima del suo tempo, e quanto importanti siano quei diritti che ha dovuto così duramente conquistare e difendere.

Quando la vedi ti viene da ridere e le vuoi subito bene. Seduta su quella seggiola di plastica la testa che spunta dallo schienale i piedi che colle punte toccano terra a fatica, con quegli occhiali da sole e le sue pause da consumato animale da palco. Al collo si fregia d' un foulard tricolore, non so se sei un riconoscimento dato a chi ha partecipato alla resistenza o solo una piccola bandiera; io credo che anche se lo indossi per questo genere di ricorrenze in realtà non se lo tolga mai.

Ogni anno che vado al Pigneto per il venticinque aprile mi chiedo se la nonnetta sia ancora viva. Lo spero tutte le volte. Quando vedo che lei è ancora li la giornata può solo che andare meglio e ritorno coi miei amici a stravaccarmi sul pratino,a bere birra, a fumare e a fare la fila per un panino colla salciccia. Gli anni passati, quando la vecchieetta iniziava a parlare, puntualmente pioveva. La tempra di questa signora è tale che figuratevi se quattro gocce la farebbero desistere, così, attorniata dalle nipoti che la coprivano con gli ombrelli, per entrambe le scorse edizioni, continuava a trasmettere la sua esperienza alla posterità; una smilza platea che con lei condivide lo sprezzo della pioggerella primaverile, l' odio per il fascismo e l' amore per quei valori per i quali ha visto tante persone che le erano care perdere quanto di più importante avessero." Io sono stata molto fortunata." C'è una cosa che con il suo pubblico non può condividere: la sconfinata ammirazione che si prova al cospetto di chi ha combattuto per una causa giusta. Sublime il confronto, formidabile l' animo a dispetto del corpo.


Anche ieri ero convinto che, come la nostra aprisse bocca sarebbe venuta la pioggia annacquare le sue parole, invece era una bella giornata e il sole andava a bussare su quegli occhialoni grazie ai quali nascondeva una certa dimestichezza con situazioni di questo genere. Ho notato delle pause da presentatore televisivo di esperienza pluriennale: smetteva di parlare durante gli applausi, aspettava che lo speaker finisse di annunciare il tabellone della fase finale del torneo di scacchi, aiutava a sistemare l' asta del microfono.
Così dopo una breve introduzione, da parte di un ragazzo che avrebbe anche gestito il successivo dibattito, ecco che mi sono apprestato a riascolatare la partigiana e questa volta grazie al sole c'era più gente ed ho assistito a qualcosa che ancora mi mancava...



Quando Giovanna attacca a parlare ciò che colpisce è la lucidità critica. A novantasette
anni magari fa un pò fatica a trovare le parole ma riesce comunque a parlare speditamente e a farsi intendere.
Tutti capiscono.
Lei racconta la sua storia, ricorda la condizione delle donne e come organizzava la resistenza femminile in quella Roma dilaniata e dalla guerra e dalla miseria. Ricorda chi non c'è più e ammonisce i presenti dai rischi attuali.
" Che quello che vediamo oggi è un fascismo di sostanza", oppure " Noi ci siamo battuti e abbiamo conquistato la libertà. Non l' abbiamo avuta pienamente, ma molti hanno lottato per le cose che oggi stanno provando a portar via" e anche" Noi non siamo per l' aborto, l' aborto è una brutta cosa. Però chi ha il diritto di decidere se interrompere una gravidanza deve essere la persona che di quella gravidanza paga le spese: ovvero la donna."
Ciò a cui ho avuto la fortuna di assistere era un fenomeno di empatia collettiva al quale abbiamo partecipato. Vedere quella persona dire cose così giuste e mai gratuite, dava una forte emozione. Non si trattava di un intellettuale accademico che arringava i presenti in virtù della sua eloquenza, bensì di una vecchia combattente che ha provato sulla sua pelle il costo di ogni singola parola. Quando lei parla tutti ascoltano. Quando l' ascolti le sue parole, diventano sensibili, sei di fronte a emozioni che ti sembra di poter toccare. Lei è stata là e ci porta pure te; dentro quella storia. Ha vissuto l' incubo, ci si è battuta contro; e lo ha sconfitto. Testimone diretto di un delirio collettivo che solo l'idea fa sprofondare nella paura. Uomini e donne senza libertà. La liberta è una condizione essenzale dell' uomo, è come l' aria: te ne accorgi quando ti manca perchè non puoi respirare.

Adesso vi parlo del avvenimento collettivo a cui prima accennavo. Questa scena era una delle cose che mi hanno fatto avvicinare all' antropologia; insomma ero lì a sentire queste parole sacrosante, che scuotevano il cuore, e mi sono lasciato prendere da una forte commozione. Mi sono sentito stupido, ho cercato di dissimulare e le lacrime non si sono affacciate dagli occhi, così guardandomi a torno, per distrarmi un secondo mi sono accorto che non ero il solo.
Forse ero preso dalla nonnetta, ma un ragazzo davanti a me si stava asciugando le lacrime e pure la pischella che avevo notato, prima che Giovanna parlasse, si passava le dita sulle estremità degli occhi. Persino il moderatore del dibattito l' ho visto preda della commozione. Quella commozione era dovuta al modo in cui ci sentivamo parte della sua storia, alla suggestione e all' immededsimazione scaturite dal discorso che ascoltavamo.
La partecipazione collettiva può talvolta entrare in profondi stati di empatia tra i soggetti presenti. Questo processo è avvenuto sistematicamente sia nelle grandi adunate della germania nazista sia all' ultima manifestazione della CGIL. Non è affatto un caso che tale concerto di emozioni venga spesso strumentalizzato a scopi propagandistici.
La sincerità e la genuinità di ciò che veniva trasmesso era dovuto alla vicinanza fisica degli spettatori rispetto all' oratrice. Più chi ci parla lo sentiamo vicino e maggiore sarà l' impatto delle sue parole.Non c'era la televisione con il suo pesante filtro di banalità ripetute e mai vere, neanche un maxischermo ad ingigantire un volto in decomposizione per fartelo apparire meno lontano. C' erano persone e parole, suoni e odori: contatto diretto. Non eravamo molti ma c' era abbastanza folla da poterti sentire parte di una collettività, un anima comune partecipe dell' evento.
Per sapere quello che dice c'è iutiub, ma il messaggio finale che ci ha trasmesso lo do anche a voi.
" E soprattutto parlare con chi non la pensa come te... Guardate voi ragazzi ve la passate male, ma per noi era anche peggio, non potevi protestare... Insomma io vado nelle scuole, nelle università, a raccontare la mia esperienza e parlo e ascolto... Perchè questi ragazzi bisogna farli parlare, ascoltarli, sentire cosa hanno da dire. E se tu li ascolti davvero hanno pure qualcosa da insegnarti."
E quando ha terminato l' intervento le tue mani sono quelle di una piazza intera che non smette di applaudire chi non ha mai smesso di lottare.



" Io sono qui, ho novantasette anni e ancora combatto!"




Etichette: ,

giovedì 2 aprile 2009

Roma città aperta.


Roma è una città stupenda.
Puoi viverci un intera vità e scoprire sempre qualcosa di nuovo. Una cartolina dalla Garbatella mentre stai consegnando la pizza vicino piazza Bologna, un barbone a Termini da aggiungere alla tua collezione di senza tetto, una vecchia signora con la quale attacchi bottone mentre fai la fila al bancone della gastronomia; quel genere di signora romana oramai in via di estinzione, bella pacioccona con quel suo modo di fare che ti mette a tuo agio, ti sembra di avere un' altra nonna e alla fine la saluti con tutta l' educazione possibile per nascondere la tua voglia d' abbracciarla e darle un bacetto.
Dicevo c'è sempre qualcosa che ti fa amare questa città...


Beh l' altro giorno stavo parlando propio di questo con la tipa che alla stazione Termini andiamo a prendere il "pullman", come lo chiamo io, il 714 che va sulla Colombo.
Noto che il bus è pieno però non ci fanno salire. Vedo qualcuno accanto all' autista e penso al controllore. Nella mia testa la psicosi da senzabiglietto è tale che vado in para ancor prima di salire. Ma non era li per controllare... Così smetto di parlare con l' autista ,mi volto a sinistra e capisco perchè c' era un cotrollore o un autista ( ma il marsupietto mi aveva indotto a pensare male ): per sopperire al difettoso congegno che regola la pedana che consente l' accesso dei disabili al mezzo.
Insomma sono lì sulla banchina e vedo questo tipo colla pelata e dei modi da guardia che sale sulla pedana attaccata ancora alla banchina che non ne vuole sapere di entrare sotto l' uscita centrale. Non riesce propio a farla entrare e così abbandona, tornando a confabulare con l' autista.
Ecco che alla tenzone si presentano altri stipendiati atac. Vedo diverese persone surfare sulla tavola e provano a farla scattare con un gesto di anche che ricorda il modo di spostarsi sullo skate senza mettere i piedi a terra. A misurarsi colla pedana viene anche una ragazza, che fa la cosa più di buon senso che mi era venuta in mente: sollevandola dalla base posta sul marciapiede la mette in parallelo rispetto al piano, cosicchè possa andare dentro con un pò di sana rozzezza.
La mia voglia di protagonismo unita al biasimo che provo ogni qual volta non aiuto una signora in difficoltà mi fa partecipare al certamen dei trasportatori pubblici:
- Serve una mano?
- Anche due.- Mi fa lei
- Cosa devo fare?
- Spingi la pedana in basso li alla porta.
- E se ci salgo sopra, come il tipo.
- Sì così mi spacchi le mani
- Ah occhei.
Impegnato a cimentarmi non faccio caso al tipo sempre dell' Atac, colla giacchetta verde e gli occhiali a goccia, che colla sua aria d' autista più figo di piazza dei cinquecento mentre mi viene in contro mi fa:
- Si te fai male nun te damo 'na lira!
Facendo una rapida carrellata di tutti i modi fallimentari che ho tentato per guadagnare soldi facili questo che ritengo tra i più stupidi ( e ne ho fatte di cazzate) non mi era neanche passato per la testa.
- Guarda che gle l' ho chiesto io! - Dice la ragazza mostrando ancora una volta quel carattere che mi aveva spinto a soccorerla immantinente.
- Lascia perde, nun lo fa più. E comunque così la sfasci.
A quel punto la ragazza molla e l' amico Maverik sale e ricomincia a trattare la pedana come fosse uno skate.
La cosa veramente stupenda era che questo faceva la mossa da half pipe ma come smetteva l' autista provava a far scattare la pedana. Era sensazionale perchè erano in tutto quattro omoni grandi e grossi e non si sincronizzavano. Essendo figlio di ferroviere di fancazzisti improvvisati lavoratori ne ho visti parecchi... Ma loro... Insomma, ognuno per se. Nessuno che faceva "al mio via", un mezzo Deni col suo fischietto che dava l' attacco: on-de-truà -fuì!!!
Nada.
Così demoralizzati dalla mancanza di gioco di squadra ma sollevati dall' arrivo di un altro 714 non rimase che darla vinta alla pedana e mettere la scritta guasto in vece di 714 P.le Nervi P.L.. Vedere scivolare via tra le strade inquinate della capitale questo pulman con l'anta fuori, non so perchè ma mi faceva venire in mente uno che se ne fa a zonzo colla patta aperta e il pisello ciondoloni.
Prima di salire finalemente sul bus mi volto e sento il pelatone iniziale che, palesemente irritato dal non aver potuto garantire il regolare svolgersi del servizio pubblico, sbotta:
- Perchè a legge dice che i disabbili devono da veni coll' accompagno!!! E si nu channo l' accompagno se ne vanno a piedi!!!
E mentre Cinzia mi chiede cosa abbia detto e io le spiego che se sei handicappato sono cazzi tua ho una canzone in testa.

Grazie Roma!!

Etichette: , ,